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«Brave, intelligenti e pulite»: le domestiche eritree e l’eredità ambivalente del colonialismo

di Sabrina Marchetti su Mondi Migranti 

 

foto di Renata Meazza

foto di Renata Meazza

Questo articolo intende contribuire al dibattito sul lavoro domestico migrante soffermandosi sull’importanza della relazione fra paese di origine e paese di destinazione nel determinare il percorso migratorio e l’esperienza lavorativa delle domestiche, prendendo in considerazione il caso in cui una passata dominazione coloniale influenzi tale relazione.

A tal fine, si concentra su interviste realizzate con quindici donne eritree arrivate nella città di Roma tra gli anni sessanta e settanta per ricostruire la sovrapposizione di un’esperienza di tipo «postcoloniale» – in quanto persone provenienti da una ex-colonia italiana – e quella di segregazione nella «nicchia» del lavoro di domestico che riguarda più in generale la migrazione femminile.

In particolare, si utilizza la nozione di «capitale culturale femminile» (Skeggs, 1997) per dimostrare l’importanza per queste donne della fase pre-migratoria, vissuta in Eritrea, in cui sono state acculturate a specifiche pratiche italiane e alle gerarchie sociali ad esse corrispondenti, che esse vedono come una «preparazione» al lavoro in Italia.

Alla luce di tali considerazioni, si argomenta la fondamentale «ambivalenza» del passato coloniale nel determinare l’esperienza delle donne eritree intervistate. Le rappresentazioni associate a donne migranti delle ex-colonie possono difatti condurre a due esiti di carattere ben diverso: da un parte possono facilitare il loro accesso al lavoro e, con esso, il successo del loro progetto migratorio; dall’altra possono funzionare da fattori di stigmatizzazione sociale e segregazione lavorativa nella società degli ex-colonizzatori.

Le persone intervistate sembrano aver vissuto una vita in bilico fra questi due esiti opposti, in cui l’essere eritree ha rappresentato contemporaneamente il proprio strumento di resistenza e la ragione della propria subordinazione.

L’articolo è scaricabile qui.

 

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