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Femmina, maschio o non specificato: tra i passi avanti dell’Australia e la farsa italiana

Questo articolo è stato scritto per l’Altracittà  poco dopo l’uscita delle notizie sulle decisioni prese dal Governo australiano nel settembre 2011 in merito all’indicazione del genere sui passaporti. L’unica modifica apportata rispetto all’originale è nelle note finali.

stilizzazione esseri umani di colori sfumati dal blu al rosa

 

di Michela Balocchi

Qui la versione PDF

Il Governo australiano, il 14 Settembre scorso, ha annunciato le nuove linee guida in materia di regolamentazione dell’indicazione relativa all’identità di genere sui passaporti. Grazie a queste nuove norme d’ora in poi sarà più semplice, per le persone  con sesso e/o identità di genere diverse da quelle della maggioranza della popolazione, poter scegliere l’indicazione di genere che sentono propria indipendentemente dall’essersi o meno sottoposti a riattribuzione chirurgica del sesso, mentre le persone intersex potranno  scegliere, se lo vorranno, una terza opzione “X” per, traduco, “indeterminato, non specificato o intersex” oltre alle tradizionali “F” e “M”.

Si tratta dunque di un grande passo avanti nel riconoscimento dei diritti delle persone trans e intersex poiché alle persone trans viene riconosciuta la possibilità di adeguare il passaporto all’aspetto fisico e alla propria identità di genere senza necessità di sottoporsi alla riattribuzione chirurgica di sesso o prima di sottoporvisi; alle persone intersex per la prima volta viene riconosciuto il diritto a definirsi appartenenti a un sesso/genere ‘altro’ rispetto alla dicotomia maschio/femmina dominante, oppure a scegliere “F” o “M”, o sarebbe meglio dire donna o uomo come genere di appartenenza anche se diverso da quello che è stato attribuito loro alla nascita.

Sarà sufficiente una lettera da parte del medico che certifichi che la persona ha ricevuto o riceve trattamenti clinici appropriati per la transizione, oppure che si tratta di una persona intersex che non si identifica con il sesso assegnato alla nascita ma con quello opposto o con il genere intersex, il terzo genere o un genere non specificato.

Questa la notizia dall’Australia. Passiamo ora a vedere come è stata data in Italia, perché il modo in cui la notizia è stata filtrata dalle maggiori agenzie di stampa italiane è essa stessa una notizia, una notizia che produce riflessioni e considerazioni amare.

In primo luogo spariscono subito le persone intersex. Non c’è agenzia di stampa italiana in cui venga scritta la parola intersessuale. Evidentemente il concetto di intersessualità nel nostro paese continua a risultare per lo più ignoto e ignorato: e perché mai un giornalista serio dovrebbe prendersi la briga di verificare il significato di quell’“intersex” o di quel “sex and gender diverse people” presente nelle fonti originali? Già, perché mai..? Meglio tradurre sbrigativamente transessuali, senza riflettere sulle conseguenze di questa scelta.

La sparizione del termine intersex dai primi comunicati italiani ha avuto come primo effetto quello di sminuire enormemente dal punto di vista simbolico la rilevanza della decisione australiana che ha invece una portata storica reale. Il riconoscimento pubblico della legittimità dell’essere e riconoscersi intersex è una conquista enorme per tutti e per le persone intersex in particolare, proprio a causa dell’invisibilizzazione cui invece sono generalmente costrette fin dalla nascita, invisibilizzazione che significa in primo luogo privazione dei diritti umani fondamentali quali il diritto all’integrità del proprio corpo, il diritto a non ricevere interventi di chirurgia estetica invasivi e irreversibili sui genitali e senza consenso informato, il diritto a non ricevere somministrazione di farmaci a vita per una ‘normalizzazione’ al maschile o (molto più spesso) al femminile non richiesta.

La cancellazione del termine e della categoria intersex e della sua sostituzione con transgender (o, peggio, con “i transessuali” come se la decisione australiana si riferisse esclusivamente a persone di sesso femminile che transizionano verso il maschile), ha creato automatismi e certezze laddove invece la materia è tutt’altro che certa: nelle linee guida infatti la possibilità di scegliere la “X” è esplicitata solo per le persone intersex. Per le persone in transizione (“for people transitioning”) si parla della possibilità di cambiare il dato sul passaporto, sempre previa dichiarazione medica, specificando il genere di elezione (femminile o maschile), senza necessità di intervento chirurgico ai genitali ma rimanendo all’interno del binarismo sessuale, a meno che (sembra di leggere tra le righe) non venga loro certificata una qualche forma di intersessualità o di indeterminatezza di genere.

Detto questo, si può poi certamente discutere sull’opportunità o meno dell’indicazione del genere sui documenti; io sono tra coloro che caldeggiano l’eliminazione di questo dato da ogni tipo di documento di riconoscimento: il Governo britannico sta riflettendo proprio su questa possibilità sempre in relazione ai passaporti.

Bisogna però anche tenere realisticamente conto del fatto che quella è una battaglia non facile da vincere nell’immediato futuro, visto che ci troviamo in società che si fondano proprio sul binarismo sessuale e sulla gerarchia dei ruoli sociali di genere.

Anche per queste difficoltà l’aggiunta di una categoria di sesso/genere e di una lettera corrispondente nei documenti può essere una soluzione (seppure intermedia e temporanea) e uno strumento per il riconoscimento di realtà altrimenti negate e private dei diritti elementari. Il riconoscimento burocratico, infatti, non soltanto protegge dalle discriminazioni e facilita movimenti e azione quotidiane per le persone trans, ma restituisce legittimità giuridica, civile e sociale alla propria esistenza a chi invece è stato invisibilizzato fin dalla nascita e fisicamente modificato proprio perché la sua esistenza fisica intersex era ritenuta inaccettabile in quanto non rispondente alla cornice culturale del binarismo sessuale.

Infine, come alcuni hanno fatto notare, rimane il pericolo costituito dall’esibire in paesi estremamente transfobici, omofobici e intersexfobici un documento che presenta un’alternativa al tradizionale rigido dimorfismo di genere. In questi paesi, però, la situazione per chi non è conforme era e rimane pericolosa anche senza un documento che dia riconoscimento: è pericoloso nel momento in cui viene esibito un documento con un’indicazione di genere che non corrisponde all’aspetto attuale della persona; e in questi paesi generalmente le persone transgender già evitano il più possibile di fare scalo.

Certo è che in Italia difficilmente si potrà aprire un dibattito pubblico allargato alla cittadinanza estesa e un confronto serio su questi argomenti se chi ha il dovere di fare informazione corretta e precisa passa invece un’informazione distorta e falsata, e se di questa informazione noi continuiamo a fidarci prendendola per buona.

*Intersex, intersessualità, dsd (differenze nello sviluppo sessuale)
Con intersex/intersessualità si indica una molteplicità e varietà di condizioni in cui si trova chi nasce con caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie (dai cromosomi “sessuali”, al sistema gonadico, alla strutural ormonale, all’aspetto anatomico) considerate atipiche. Spesso l’intersessualità non è evidente alla nascita ma può palesarsi durante la pubertà, essere scoperta in età adulta o anche mai nel corso della vita.

About The Author

Michela Balocchi

Dottora di ricerca (Ph.D.) in Sociologia e Sociologia politica, è stata ricercatrice Marie Curie con il progetto ”INTERSEXIONS. The Sociological Aspects of the Management of Intersexuality” (FP7-PEOPLE-2013-IOF European Union Marie Curie Actions n.627162, International Outgoing Fellowship). Il progetto di ricerca sugli aspetti sociologici della medicalizzazione delle persone con tratti intersex o con variazioni nelle caratteristiche di sesso si è svolto tra Stati Uniti e Italia (American University, Washington DC e Università di Verona, 2014-2017). Ha contribuito alla fondazione di "intersexioni" ed è responsabile editoriale dell’omonimo sito fin dalla sua nascita (www.intersexioni.it). Fa parte del gruppo di ricerca PoliTeSse (Università di Verona) dalla sua fondazione ed ha contribuito alla stesura del suo Statuto, www.politesse.it Dal 2018 fa parte del comitato editoriale della Collana 'Teoria e ricerca sociale e politica' della casa editrice Edizioni AltraVista. Dal 2013 al 2016 ha fatto parte del direttivo di Certi Diritti in particolare per l'area intersex. Principali aree di ricerca: studi di genere, disuguaglianze sociali, gestione medica dell'intersessualità e diritti umani delle persone intersex. Qui alcune tra le sue pubblicazioni https://univr.academia.edu/MichelaBalocchi Michela Balocchi, PhD in Sociology and Political Sociology; Marie Curie Fellow (2014-1017) at the American University - Washington, and at the University of Verona, with a project on the Sociological Aspects of the Management and Medicalization of Intersex. She has collaborated with many Universities (Florence, Bergamo, Perugia, Arezzo, etc.) as lecturer, adjunct professor, and researcher. She is on the board of the Center of Research PoliTeSse (University of Verona), Politics and Theories of Sexuality since its born (www.politesse.it). She is co-founder of the group "intersexioni" and web editor of the namesake website. She has been working on the first multidisciplinary collective book in Italy on intersex issues, as curator, and on a collective book composed of intersex personal stories and histories of intersex organizations, in English, as creator and co-curator. Here some of her publications: https://univr.academia.edu/MichelaBalocchi

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