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Morgan Carpenter – Healthcare Pathways for intersex people: video e testo

Pubblichiamo la presentazione in plenaria di Morgan Carpenter (presidente di Organisation Intersex International Australia – OII Australia) per “Healthcare Pathways for intersex, trans, and gender diverse young people”, Geelongo Victoria, Ottobre 2013.

Intersex flag - OII Australia

Intersex flag – OII Australia

La presentazione è stata tradotta da Eleonora D’Alessandri che ha curato anche il sottotitolaggio per il video (che trovate di seguito sotto e sul nostro canale youtube).

L’adattamento e l’editing per la versione qui pubblicata sono invece di Michela Balocchi.

OII Australia è un’organizzazione gestita da volontari. In Australia non esistono organizzazioni intersex finanziate dallo stato.

Intersex è un termine che si riferisce a variazioni biologiche genetiche, cromosomiche e/o ormonali comprese nel continuum maschile e femminile. E’ un termine ombrello che comprende un ampio spettro di variazioni: molte si possono accertare attraverso amniocentesi, ultrasuoni o villocentesi.

Alcune variazioni intersex sono definite con esattezza, altre meno. Olaf Hiort quest’anno al simposio I-DSD a Lubeck, in Germania, ha affermato che sono stati individuati più di quaranta fattori per variazioni intersex, molti dei quali genetici, e che manca una diagnosi esatta tra il 10% all’80% dei casi. Questo range straordinario mostra quanto poco sappiamo ancora di intersex.

Se consideriamo le variazioni cromosomiche così come le altre ‘diagnosi’ più evidenti alla nascita probabilmente la popolazione intersex si aggira tra l’1% e il 2% del totale. Queste cifre sono da prendere con le molle. Potete consultare alcune ricerche di Fausto-Sterling, di Blackless e di altr* studios* nell’American Journal of Human Biology del 2000, ma le cifre sono alquanto imprecise.

In alcuni casi è possibile individuare una forma intersex tramite amniocentesi e villocentesi, il che porta spesso all’aborto dei feti intersex, quindi per alcune variazioni, ad esempio la 47 XXY, ci sono statistiche che mostrano come l’88% dei feti diagnosticati con 47 XXY vengano abortiti.

All’interno dell’OII ‘intersex’ è il termine più noto, semplice e il meno stigmatizzante. Anche se gli attivisti intersex australiani utilizzano la parola ‘intersex’ il termine è ancora al centro di ampia discussione. La medicina infatti ci considera portatori di un ‘disordine dello sviluppo sessuale’, anche noto come DSD, che riguarderebbe i nostri genitali, le gonadi o i cromosomi.

Alcuni gruppi oltreoceano le definiscono “differenze nello sviluppo sessuale”, ma nessuna delle nostre organizzazioni intersex adotta questa terminologia. All’atto pratico usare DSD significa che l’intersessualità viene percepita come una disabilità e, se facciamo riferimento alla World Health Organization, disabilità è un termine ombrello che include l’inabilità, le limitazioni dell’attività e le restrizioni nella partecipazione sociale.

L’inabilità è un problema nelle funzioni e strutture corporee, la disabilità non è soltanto un problema di salute, ma è un fenomeno complesso che riguarda le interazioni tra le caratteristiche del corpo di una persona e le caratteristiche della società in cui vive. Per superare le difficoltà affrontate dai portatori di inabilità sono richiesti interventi per rimuovere  gli ostacoli ambientali e sociali.

Quindi queste definizioni si scontrano con la situazione delle persone intersex per il modo in cui noi veniamo medicalizzati. Siamo medicalizzati, stigmatizzati e subiamo discriminazioni per via delle nostre caratteristiche, le nostre caratteristiche sessuali che alterano la percezione della nostra autenticità come uomini o donne.

L’intersessualità non riguarda l’orientamento sessuale. Lo spettro dei nostri orientamenti sessuali è variegato quanto quello delle persone non-intersex.

L’intersessualità non riguarda l’identità di genere. Lo spettro delle nostre identità di genere è vario quanto quello delle persone non-intersex.

Come dimostra Bonnie, che è salita sul palco prima di me, Tony che salirà dopo, lo spettro dei modi in cui possiamo percepirci è ampio, ma abbiamo delle caratteristiche in comune che hanno a che fare col modo in cui i nostri corpi sono stati trattati.

Katrina Karkazis nel suo libro ‘Fixing Sex’ (2008) afferma che: “Genitali e corpi atipici generano ansia su quali siano i limiti di genere nei soggetti con genitali ben definiti e li spingono a voler ribadire questi confini. In una cultura che richiede una chiara divisione dei generi e un sesso autentico i corpi con genitali atipici mettono a repentaglio un intero sistema di leggi, diritti e responsabilità, di privilegi fondati sul presupposto di una distinzione di genere ben definita.”

La popolazione intersex ha corpi non eteronormativi, corpi che non soddisfano le aspettative sociali.

Le attitudini culturali, familiari e mediche decidono quale sesso assegnare alla nascita e vengono eseguiti trattamenti medico-chirurgici per garantire la nostra conformità a queste norme socio-culturali volte ad eliminare le differenze intersex.

Qualche volta collaboriamo col movimento LGBT per via della risposta omofobica ai nostri corpi.

Ma noi veniamo classificati in base a ciò che viene fatto a quelli della ‘nostra categoria’.

E le nostre sono problematiche differenti rispetto a quelle della popolazione trans, che è catalogata senza caratteristiche fisiche atipiche.

Se diamo un’occhiata all’OII Australia, ogni componente intersex dell’OII Australia ha subito qualche forma di intervento medico non consensuale o coercitivo, incluse pressioni per aderire alle norme di genere per renderci ‘veri uomini’ o ‘vere donne’.

Sterilizzazione e clitoridectomia forzata (rimozione o riduzione della clitoride) da neonati, bambini o adolescenti.

Pressioni mediche e familiari per sottoporsi a terapia ormonale.

Pressioni mediche e familiari per sottoporsi a chirurgia genitale ‘normalizzante’.

Interventi chirurgici che vanno oltre le regole del consenso inclusa la chirurgia normalizzante forzata.

La divulgazione a terze parti di dati medici non attinenti di fronte ad una platea di studenti di medicina.

E’ importante sottolineare che i genitori spesso non ricevono informazioni adeguate. Non ricevono ancora informazioni adeguate per poter effettuare una scelta davvero informata. E spesso tentano di comportarsi al meglio pur con dati insufficienti e tendenziosi.

E’ anche importante sottolineare che alcuni dottori sono validi. Il mio medico di base è il miglior alleato che io abbia mai avuto. E’ molto attento, e mi ha seguito in un percorso incredibile, attraverso diagnosi e trattamenti, alcuni dei quali molto difficili per me e molto difficili da gestire.

Le origini dei protocolli medici di intervento nascono da una teoria, oramai screditata, del dr. John Money, che forse avete già sentito nominare. Money ha sviluppato questa teoria sulla costruzione sociale dell’identità di genere che è stata divulgata con il caso David Reimer, un ragazzo cresciuto come donna dopo una circoncisione fallimentare. Money dichiarò che l’esperimento da lui portato avanti era stato un successo, nonostante, invece, non lo sia stato affatto. E così ha creato questo…ha favorito questo stato di cose in cui la chirurgia genitale eseguita per ragioni ‘psicosociali’ è diventata la norma. Un’apparenza ‘normale’ sembra(va) auspicabile per rendere possibile l’integrazione nella società. Oggi c’è chi pensa ancora così, nonostante il dr. Money operasse negli anni ’50.

Un’importantissima pubblicazione del 2006, il Consensus Statement on Intersex Disorders and Their Management, è stato accolto da un gruppo di medici clinici che hanno coniato il termine DSD, che ancora adduceva motivazioni psicosociali per giustificare la chirurgia sui neonati e sui bambini come il ‘ridurre le preoccupazioni e lo stress familiare’ e il ‘mitigare i rischi di stigmatizzazione e confusione sull’identità di genere’.

Tutto questo ha fornito le basi, nel 2013, per un quadro decisionale da parte del Victorian Health Department sui trattamenti di neonati e bambini intersex che cita esplicitamente logiche culturali, sociali e psicosociali per giustificare la chirurgia.

Vi elenco qui di seguito giusto un paio di punti sul fondamento delle logiche psicosociali: rischi di svantaggio sociale o culturale per il bambino, come ad esempio opportunità ridotte di sposarsi o stringere relazioni intime; opportunità ridotte di ottenere adeguato inserimento nel lavoro con possibilità di buon reddito; rischio d’isolamento sociale, restrizioni o difficoltà causate, ad esempio, dall’imbarazzo o dallo stigma sociale associati all’avere genitali che non corrispondono al genere nel quale vive la persona.

Come si vede questi rischi sociali potrebbero essere applicati altrettanto alle donne che non hanno subito mutilazioni genitali nelle società in cui è la norma, come la capacità di sposarsi, gli svantaggi sociali e culturali e lo stigma sociale. Ma non fanno parte delle linee guida vigenti in questo Stato. E lo Stato del Victoria è l’unico in Australia ad avere regolamentazioni esplicite sul sesso dei neonati, dei ragazzi e degli adolescenti. E’ una bozza di lavoro, seguirla non è nemmeno un obbligo.

Abbiamo prove aneddotiche su quanto accade nel New South Wales e in Australia ma non abbiamo un’idea chiara sulla portata del fenomeno in Australia. Sappiamo che ci sono circa 10-15 chirurgie ricostruttive sui neonati ogni anno nel Royal Children’s Hospital ma non abbiamo dati sugli altri ospedali.

Quindi ci sono clitoridectomie, mutilazioni clitoridee e altre chirurgie genitali effettuate, eseguite adesso, proprio oggi, quest’anno, senza il consenso del paziente, perché il paziente non è in grado di dare il consenso.

Ci sono supposizioni ed aspettative sul genere specifico che percepirà il paziente una volta adulto.

Spesso questi interventi vengono eseguiti su dei neonati con 46 XX CAH (iperplasia delle ghiandole surrenali), ovvero con cromosomi solitamente associati al genere femminile. E sappiamo che l’8,5% di chi ha un 46 XX CAH deciderà poi di cambiare il proprio genere assegnato.

La chirurgia non riguarda solo i neonati. Molte giovane con AIS completa (‘Sindrome’ da Insensibilità agli Androgeni) sono state sterilizzate. Bonny ci ha fornito un esempio.

E molti giovani con altre variazioni intersex vengono sterilizzati durante l’infanzia o nell’adolescenza. Senza che vengano forniti dati chiari sui rischi. Alcuni rapporti australiani riportano molto genericamente rischi che si attestano attorno al 30%, persino al 50% di cancro alle gonadi, ma in alcuni casi studiati nel dettaglio relativi ad alcune specifiche variazioni intersex come l’AIS completa i rischi sono tra lo 0.8% e il 2%.

Sappiamo che il rischio di cancro al seno nel ciclo vita delle donne è di circa 12,2% ma solitamente non rimuoviamo il seno alle donne per via di questi rischi.

C’è qualche preoccupazione sulla facilità con cui si possano monitorare le gonadi interne. I tempi stanno cambiando, è importante ricordarlo. Ci è stato detto che non è più nella routine dell’RCH rimuovere le gonadi nella popolazione con AIS completa, almeno non negli ultimi dieci anni. Ma non abbiamo dati precisi dagli altri ospedali. E a dirla tutta neanche questi sono confermati, si tratta di dati aneddotici.

Nell’OII crediamo ci sia stato un eccesso di sterilizzazioni con l’intento di imporre un’identità di genere sul bambino, il che influenza la qualità dei dati che abbiamo sul rischio di cancro. Quando le gonadi vengono rimosse non puoi monitorarle,  non puoi dedurre quale sia l’effettivo rischio tumorale. Il che spiega perché la qualità dei dati sia così scadente. E così le motivazioni sono definite dall’ipotesi psicosociale, in base a quanto sostenuto dai medici di base e dagli specialisti.

Al momento c’è un’inchiesta del Federal Senate Community Affairs References Committee che indaga la sterilizzazione coercitiva non consensuale su persone con disabilità che include le persone intersex e ci sono due denunce di figure cliniche, entrambe hanno a che fare con il Victoria, una è del team DSD del Royal’s Children Hospital e l’altra è dell’Australasian Paediatric Endocrine Group, o APEG. E due dei quattro referenti operano qui nel Victoria.

Vi propongo ora alcune citazioni:

l’RCH afferma: <Riconosciamo che gli esiti dell’approccio attuale devono essere ancora confermati.>

L’APEG afferma: <Ci sono prove circostanziate sui risultati a lungo termine della gestione chirurgica in tenera età eseguita per ragioni estetiche. I pochi studi effettuati offrono risultati conflittuali in merito ai successi e agli esiti inadeguati (sul piano estetico, sessuale o psicologico) con preoccupazioni specifiche sulla capacità sessuale e sulla sensibilità erogena>.

Quindi per chirurgie che vengono classificate come estetiche, i medici hanno particolare preoccupazione sulla funzionalità sessuale ed erogena.

C’è inoltre carenza di dati, di follow-up e di supporto a lungo termine.

L’APEG afferma che le attuali linee guida internazionali consigliano un follow-up a lungo termine nei bambini con DSD trattati chirurgicamente.

Ma in Australia non viene fornito perché non c’è alcun registro sulla gestione e gli esiti per chi ha un DSD.

Aggiungono inoltre: <c’è una forte preoccupazione nella gestione medica sia in Australasia che a livello internazionale relativa all’assenza di adeguato supporto psicosociale ed in particolare durante la crescita di chi è ‘affetto’ da DSD>.

L’RCH afferma: <per valutare i nostri approcci attuali servono ancora studi sul follow-up relativi agli esiti in vari sottogruppi con DSD>.

L’APEG afferma: <Non ci saranno miglioramenti sull’assistenza a persone con DSD se non ci saranno miglioramenti sulle disposizioni cliniche e di ricerca>.

E ancora l’APEG: <stiamo conducendo uno studio per le linee guida sulle tempistiche chirurgiche con i medici della nostra organizzazione>.

Perché non hanno alcun dato. La sterilizzazione, le clitoridectomie e le altre chirurgie genitali ed altre chirurgie normalizzanti del sesso hanno impatto sulla salute per tutta la vita.

La sterilizzazione ci rende pazienti a vita, anche se è l’unico intervento effettuato, necessitiamo di terapia ormonale sostitutiva di estrogeni e/o testosterone per il resto della nostra vita con conseguenti e non pienamente compresi rischi.

L’impatto della chirurgia si può osservare per lo più nella perdita di sensibilità, in chirurgie ripetute, infertilità, cicatrici, rapporti sessuali dolorosi, depressione, traumi.

E di regola la ricerca sulle persone con tratti intersex viene condotta da medici non-intersex, sulla base di campioni ristretti e casi clinici di persone trattate dagli stessi istituti che conducono gli studi. Questo significa che i campioni sono solo di parte. E ci sono soltanto uno o due studi pilota che sembrano essere a lungo termine e riguardare più istituti.

E c’è anche poca ricerca sugli adulti. E per adulti intendo giovani adulti, di mezza età e anziani.

Gerard Conway dell’University College Hospitals, nel Regno Unito, quest’anno ha commentato la situazione in uno studio (presentato ad un simposio a Glasgow) che si concentrava soprattutto sul rischio tumorale nelle donne, o sul possibile rischio tumorale, e ci dice che: “L’assistenza per adulti con DSD comporta diverse sfide anche perché il grosso della ricerca sul campo è basato interamente sull’esperienza pediatrica. Non ci sono sufficienti elementi per fare diagnosi accurate negli adulti. Oltretutto, quella categoria di donne oltre i 25 anni, e per la quale l’assistenza pediatrica potrebbe non essere stata chiara in termini di adeguata informazione diagnostica, potrebbe aver ereditato problemi psicologici che ora rendono loro difficile relazionarsi con i servizi medici.

In ambito chirurgico, gli adulti con DSD devono fare i conti con gli esiti incerti della chirurgia genitale che richiede cure costanti.

Gli aspetti medici del servizio per adulti con DSD includono l’ottimizzazione ed un approccio caso per caso per le terapie sostitutive con steroidi sessuali così come controlli periodici a lungo termine quali il monitoraggio della densità ossea e dei rischi cardiovascolari.

In un mondo dove i pazienti del servizio per adulti DSD sono spesso esperti altamente formati nel settore, il ruolo dell’autorità medica spesso è fare da guida sulla sicurezza delle procedure pur convenendo che la casistica su cui si basa la prassi è discutibile.

Ho menzionato alcuni studi pilota che offrono uno spettro riferito a più istituti e a persone che hanno deciso… persone non in terapia presso gli istituti, ma comunque inseriti nello studio. Tra questi studi pilota, Schützmann e altri nel 2007 hanno rilevato che il tasso di comportamenti autolesionistici e di tendenze suicide della coorte intersex è paragonabile a quella delle donne con traumi per un passato di abusi fisici o violenze sessuali.

In uno studio del 2005 di adulti assistiti come pazienti al Royal Children’s Hospital di Melbourne seguiti secondo i loro protocolli nel loro ospedale, la coorte intersex “presentava uno stress simile ad un gruppo di controllo di persone con disturbo somatico cronico”. E con malate somaticamente si intende fisicamente lese.

Quindi… avere assistenza sanitaria adeguata può essere un problema per noi adulti e gli adulti sono soggetti alle stesse pressioni per uniformarsi alle aspettative mediche e sociali imposte a neonati e bambini.

Nel mio caso la diagnosi è stata fatta piuttosto tardi, quando avevo circa trent’anni. E non sono stato diagnosticato tardi perché la questione non era evidente. La diagnosi è stata fatta tardi perché al tempo per le entrate dipendevo dal mio partner perché ero disoccupato, in quel periodo ero uno studente. Ricevetti pressioni per l’assunzione di testosterone così da rendermi un vero uomo. A un anno dalla diagnosi mi sono sottoposto alla prima di quattro operazioni effettuate nell’arco di quattro mesi. Questi interventi includevano la sterilizzazione e altre terapie, e l’esito di questi interventi non era consensuale. Anche da adulto ti possono far credere di avere la situazione sotto controllo e invece io non avevo alcun controllo, né in ambito familiare, né dal punto di vista medico.

Il tipo di problemi che i nostri membri OII hanno affrontato includono l’incapacità di affrontare adeguatamente un problema perché venivano esaminati soltanto i problemi correlati al nostro genere giuridico.

Abbiamo affrontato il rifiuto della copertura sanitaria per trattamenti considerati inappropriati per il genere giuridico a cui apparteniamo.

Abbiamo situazioni in cui le terapie che sono considerate allineate col sesso giuridico di norma vengono effettuate senza sostegno o counselling, nonostante che queste terapie siano tanto irreversibili quanto i trattamenti adottati per le transizioni di genere.

E anche quando viene fornito un servizio di counselling le supposizioni su cosa sia appropriato possono risultare inappropriate.

Michael Noble dell’OII Australia afferma: <Intorno ai 33 anni un endocrinologo ha scoperto che il mio corpo non hai mai prodotto abbastanza testosterone da farmi raggiungere la piena pubertà. Il medico ha così suggerito che iniziassi una terapia a base di testosterone. All’inizio ho rifiutato quelle pressioni per farmi iniziare la terapia testosteronica. Eppure col tempo ho ceduto alle incessanti minacce e storie dell’orrore su come sarebbe stato il mio futuro se non avessi iniziato la terapia che il medico sosteneva mi avrebbe trasformato in un ‘vero uomo’. Veniva insinuato, e a volte mi veniva detto apertamente che la mia vita sarebbe stata inutile, che sarei diventato un mostro, che non avrei mai espresso il mio potenziale e che non avrei mai avuto alcuna autostima. A quanto pare l’autostima che già avevo era senza valore poiché al di fuori del paradigma precostituito dell’essere un ‘vero uomo’. E così alla fine iniziai la terapia testosteronica>.

E per Micheal è stata un’esperienza raccapricciante: <La terapia testosteronica ha prodotto cambiamenti profondi e traumatici. Ho perso il contatto con chi ero e con questo ho perso il senso di ciò che ero. Ho perso il contatto col mio cuore. E peggio di ogni altra cosa, la terapia mi aveva trasformato in qualcuno che non ero io>.

Le terapie che non sono allineate al sesso giuridico vengono diagnosticate come ‘disordini’ o ‘disforia’ (con cui non potremmo avere più dimestichezza). Le diagnosi vengono effettuate con l’idea che un determinato set di trattamenti per la riassegnazione del sesso sia necessariamente più valido o appropriato dell’altro.

Ovviamente questo va a discapito della popolazione intersex che ha subito un’ulteriore riassegnazione chirurgica successivamente corretta. La percentuale di intersex a cui è successo oscilla dall’5% al 60% a seconda della diagnosi. Ma riguarda anche gli intersex che sono a proprio agio con la riassegnazione. Ad esempio una persona con AIS completa che ha cromosomi sessuali XY possiede testicoli interni ma il corpo si sviluppa in parte o per lo più sui tratti femminili per via del modo differente in cui il corpo risponde agli androgeni. Se i testicoli restano, le donne con AIS completa possono evitare il requisito della terapia ormonale sostitutiva pur attraversando naturalmente lo sviluppo puberale femminile e sviluppando in prevalenza tratti sessuali femminili. Ma quando vengono sterilizzate, alle donne con AIS non viene offerta una terapia ormonale sostitutiva equivalente agli ormoni che il loro corpo produrrebbe naturalmente. In quanto donne, vengono forniti estrogeni, l’ormone prodotto dalle ovaie. Le donne con AIS vorrebbero rimpiazzare l’ormone che producevano con un equivalente, ma per questo vengono accusate di avere problemi d’identità di genere. Al momento uno studio tedesco conduce una valutazione sulla somministrazione di testosterone per donne con AIS completa. In Germania stanno producendo materiale nella speranza che diventi una procedura medica più accettata e diffusa.

E adesso potremmo parlare di come si sia arrivati alle diagnosi prenatali e dell’impatto delle diagnosi prenatali, degli aborti e delle terapie prenatali, ad esempio per i casi di CAH. C’è un intero corpus di ricerca sul tema a partire, ad esempio, dal 1991 da un medico chiamato Heino Meyer-Bahlburg che ha pubblicato: “Gli ormoni prenatali possono prevenire l’omosessualità?”, che poi giunti al 1999 portò a: “Cosa causa un basso tasso di maternità nei casi di CAH?” e questo perché la categoria CAH ha generalmente minor interesse e probabilità di sposarsi interpretando i ruoli tipici della moglie che bada ai bambini. Non approfondirò per mancanza di tempo.

Per ricapitolare, l’Australasian Paedriatic Endocrine Group ritiene che la chirurgia sia necessaria per ragioni psicosociali come il “permettere al bambino di svilupparsi senza lo stigma psicosociale o il disagio associato all’avere genitali discordanti rispetto al sesso con cui si viene cresciuti”.

Abbiamo lo Special Rapporteur on Torture dell’ONU che menziona le chirurgie sui neonati e anche le chirurgie riparative sulle persone trans intersex.

Sulle persone intersex lo Special Rapporteur dice: “I bambini nati con caratteristiche sessuali atipiche sono spesso oggetto di riassegnazione di sesso irreversibile, sterilizzazione forzata, chirurgia genitale normalizzante forzata, eseguite senza il consenso informato del paziente, o di quello dei genitori, nel tentativo di correggere il loro sesso procurando infertilità permanente, irreversibile e causando gravi danni mentali”.

Il rapporto descrive queste terapie come una forma di tortura.

A giugno il Consiglio dell’Unione Europea ha menzionato lo stesso problema.

Lunedì scorso, il primo ottobre l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, un’altra organizzazione con 47 stati membri, incluse Turchia e Russia, si è accordato per una risoluzione che protegga il diritto all’integrità fisica dei bambini affermando che: “l’Assemblea parlamentare è molto preoccupata per una categoria di violazioni sull’integrità fisica dei bambini che i sostenitori delle procedure tendono a presentare come a vantaggio degli stessi bambini nonostante vi siano prove evidenti del contrario”.

Sulle persone intersex in particolare vogliono che gli Stati membri intraprendano ulteriori ricerche per accrescere il bagaglio d’informazioni sulla situazione specifica delle persone intersex così da assicurarsi che nessuno/a sia oggetto di inutili pratiche mediche o chirurgiche che risultino essere estetiche piuttosto che fondamentali per la salute, durante l’infanzia o l’adolescenza, per garantire l’integrità fisica, l’autonomia e l’autodeterminazione delle persone coinvolte, e fornendo alle famiglie con bambini intersex counseling e sostegno adeguati.

E la situazione è piuttosto diversa nel Victoria.

Ci sono anche medici che si esprimono contro queste procedure, quindi non sono solo i membri della comunità a parlarne o i parlamentari; i medici che si esprimono pubblicamente però sono ancora rari.

Mika Venhola al momento è uno dei più illustri, è un chirurgo-pediatrico Finlandese, nonché vicedirettore del dipartimento pediatrico di un ospedale universitario e afferma che: “il paradigma delle terapie per le condizioni intersex è discutibile e i medici sono confusi in merito alle migliori pratiche di gestione”.

Afferma inoltre che c’è “carenza di prove a supporto di una terapia adeguata. L’intersessualità è anche un problema etico in quanto la trasparenza, il consenso informato e i diritti dei bambini non possono essere rispettati con certezza.”

E inoltre si chiede: “perché operare sul corpo dei bambini se il problema è nelle menti degli adulti?

La Svizzera è all’avanguardia. La Swiss National Advisory Commission on Biomedical Ethics si è scusata per le terapie passate e afferma che “tutte le decisioni sulle terapie di riassegnazione non di routine dalle conseguenze irreversibili, rinviabili, dovrebbero essere rinviate”.

Al momento c’è un’inchiesta del Senato australiano sulla sterilizzazione non consensuale o coercitiva. Vale la pena di dare un’occhiata ai risultati di quest’indagine così da poter osservare quante segnalazioni ci sono riguardo ai medici degli istituti del Victoria.

A questo punto vorrei sintetizzare brevemente e chiedere: cosa vogliamo?

Subiamo l’omofobia non per la nostra identità, ma per i nostri corpi; affrontiamo problemi di salute mentale che insorgono a causa di abusi, traumi e supporto psicofisico inadeguato; problemi fisiologici come mancanza di sensazione tattile, funzionalità sessuale, infertilità, sterilizzazione.

Come la popolazione trans vogliamo vivere in una società che non ci obblighi ad uniformarci alle norme sessuali e di genere, dove le nostre peculiarità biologiche non siano considerate una vergogna o un’inclinazione. Dove sentirci protetti e non ghettizzati in una categoria.

Grazie.

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