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Pronuncia il mio nome.

Pronuncia il mio nome.

Politicizzazione del corpo e legittimazione della violenza istituzionalizzata

nei confronti dei/delle bambinɜ intersex.

 

traduzione di Andrea Barbieri della prima parte dell’articolo di Leslie Jaye ‘Say my Name’, 

pubblicato il 21 agosto 2018, versione originale integrale su OII UK. 

Non è certo sorprendente che gli psicologi clinici tengano conferenze, né che redigano le loro conclusioni degli incontri e dibattiti a cui partecipano. A parte questo, qualcosa durante una conferenza del 2000 tenuta dalla clinica Tavistock/Portman ha causato forti perplessità in una delle partecipanti: si trattava di una conferenza sull’identità di genere intitolata “Sviluppo atipico dell’identità di genere: modelli terapeutici, questioni filosofiche ed etiche.” Gli interventi sono stati pronunciati da psichiatri, psicologi e medici che lavorano con persone transgender e intersex in Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti.

Myra Hird era lì, ha recensito la maggior parte degli interventi e poi ha descritto ciò che buona parte di loro condivideva sul ”disturbo dell’identità di genere” (GID) in persone transgender o intersex: che le ragazze “normali” indossano gonne e abiti, mentre i ragazzi “normali” preferiscono i pantaloni. Hird riferì il suo stupore per tutto questo, se non altro perché:

«Tutti i medici di sesso femminile comprese le presentatrici indossavano pantaloni. Inoltre, nessuno dei medici di sesso femminile del piccolo gruppo indossava smalto per unghie o tacchi alti e l’uso del trucco era minimo.»

Tutti i criteri indicati – smalto per unghie, tacchi alti, trucco – erano stati definiti come espressioni di una femminilità “normaleâ€; l’assenza di questi criteri in ragazze/donne veniva considerata come indicatore per il GID.

Hird ha concluso in modo convincente che i medici di sesso femminile «hanno fatto valutazioni del GID sulla base di comportamenti, ruoli, abbigliamento e così via che, secondo la loro stessa valutazione, le avrebbero rese sofferenti di GID».

Gli atteggiamenti dei partecipanti alla conferenza e le credenze anacronistiche erano entrati a far parte di una “produzione di conoscenza” sull’intersex anche da parte di “professionisti” che, se solo si fossero guardati allo specchio, si sarebbero trovati condannati dalle proprie teorie severamente limitate e prevenute.

La pratica medica dell’intersex è fondata su ipotesi assai discutibili: quasi tutte illustrate da maschi nell’ambiente febbrile dell’America maccartista degli anni ’50: una cultura demarcata da segregazione razziale, palese misoginia e legalizzazione dell’omofobia. È possibile sostenere che una parte significativa di questi atteggiamenti applicati ad infanti intersex e a bambinÉœ piccolÉœ, siano eugenetici per scopo e principio.

Il saggio del 1955 di Money fa riferimento alle teorie di Konrad Lorenz, uno psicologo che ha studiato il comportamento istintivo degli animali, in particolare delle oche selvatiche. Lorenz era psicologo durante gli anni sistematicamente crudeli e violenti del dominio nazista, nonché membro dell’Ufficio per la politica della razza: una situazione che si ripercuote sul suo lavoro successivo. È il motivo per cui le sue teorie sono ritenute così controverse oggi.

Lorenz in quegli anni ha lavorato su eugenetica e degenerazione, e, benché Salisburgo -alla luce delle rivelazioni sul suo passato nazista non dichiarato- dopo la sua morte gli abbia revocato la cattedra, il Comitato Nobel non ha revocato il suo premio, quindi Lorenz rimane accreditato come vincitore del premio Nobel.

La dichiarazione di Money nel suo articolo del 1955 riporta le idee di Lorenz.

«Il ruolo di genere potrebbe essere paragonato a una lingua madre. Una volta radicato, il linguaggio nativo di una persona può cadere in disuso ed essere soppiantato da un altro, ma non è mai interamente sradicato. Così anche un ruolo di genere può essere cambiato oppure, assomigliando al bilinguismo nativo può essere ambiguo, può anche diventare così profondamente radicato che nemmeno contraddizioni evidenti del funzionamento del corpo e della morfologia possono sostituirlo» (Money)

(continua..)

Revisioni di Ino Kehrer e Michela Balocchi

 

Foto per gentile concessione di Leslie Jaye stessÉ™.

 

Leslie Jaye

Leslie è un* attivista intersex e scrittore* che cerca di esplorare e mettere in discussione le narrazioni dominanti sulle persone intersex. Il suo lavoro attinge all’esperienza personale e alla profonda determinazione nel voler cambiare le attuali pratiche mediche mutilanti nei confronti dei/delle bambinɜ intersex e delle persone adulte che quei/quelle bambinɜ sono diventatɜ.

Vive in Inghilterra, prendendosi cura dell’ambiente e del suo gatto, con cui qualche volta ha una relazione difficile, soprattutto quando si tratta di decidere chi occupa il posto migliore sul sofa.

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