Il primo incontro-scontro con l’equipe medica (Spagna)
Il primo incontro-scontro con l’equipe medica
traduzione di Roberta Granelli per intersexioni*
Versione originale in spagnolo: <Primer desencuentro medico>
Ho sempre voluto essere mamma. Da quando ho scoperto che dentro di me stava crescendo una vita, mi sono focalizzata sulla mia gravidanza e sul parto, preparandomi, facendo yoga, parlando al mio bambino, sentendo ogni movimento, facendogli sentire le mie respirazioni… Godendo di quel momento unico della vita. E desideravo vedere il suo visino.
Al momento della nascita la mia unica preoccupazione era quella di poter aver un contatto pelle a pelle, uno di quei momenti magici di cui godere che ci ha regalato la maternità . Ho avuto un allattamento felice che continuo a mantenere dopo 8 mesi e per ancora molto tempo fino a quando mamma e bambino sentono che è il momento. Diciamo che tutto ciò che riguarda la maternità ce l’avevo molto chiaro in testa e la desideravo spontanea e affettuosa.
All’uscita dall’ospedale quando il nostro bambino è venuto al mondo, ci hanno comunicato che saremmo dovuti tornare la settimana successiva perché avrebbero dovuto sottoporlo a studi analitici. Abbiamo amato in quella settimana il nostro bambino, gli abbiamo dato il meglio di noi, le nostre bolle d’amore e il nutrimento di cui aveva bisogno.
Giusto la settimana successiva siamo andati all’appuntamento. Ci ha colto di sorpresa l’entrare nella stanza e trovarci due dottori e non si sa quante persone in più. Che strano solo per delle analisi…
Lo hanno sdraiato su un lettino e lì gli hanno tolto il pannolino, non abbiamo fatto molto caso a quello che stava succedendo. Qualcuno stava misurando i genitali del nostro bambino con un righello e senza il nostro consentimento. E’ stata una sensazione molto sgradevole.
Si è avvicinata la dottoressa e ci ha detto che dovevamo parlare. Parlare? Prima di fare queste cose al nostro bambino ne avremmo dovuto parlare. Questo è quello che avremmo dovuto dirle in quel momento. Però non preoccupatevi, quando il nostro bimbo ha compiuto 7 mesi, abbiamo avuto modo di incontrarla e glielo abbiamo detto.
Come mamma ho pianto molto. Mi sono sentita persa. Non potevo parlare. È stato un duro colpo. Senza dubbio mio marito l’ha vissuta meglio, capendo fin dall’inizio che il nostro bambino era arrivato per insegnarci qualcosa e l’unica cosa che importava era la sua salute.
Appoggiandoci l’una all’altro, ci siamo accorti che l’intersessualità è come una caratteristica in più ereditata dai suoi genitori, come il colore dei capelli, degli occhi, la forma delle mani. Né più né meno, un tratto in più del suo corpo.
Ci hanno tenuti molte ore ad aspettare in una sala d’attesa di un ospedale senza dirci nulla e senza sapere perché avevano sottoposto a quel processo il nostro bambino. Immaginatevi quell’attesa, è stata come….É stata eterna. Tutto ciò per ascoltare cose a cui qualsiasi altro genitore avrebbe creduto e sarebbe uscito da lì praticamente con il consenso firmato per un’operazione.
La prima cosa che hanno chiesto è stato il livello di studi che avevamo, come se fosse importante per giustificare quello che avevano fatto al nostro bambino. Certo, con il tempo abbiamo capito perché ce l’hanno chiesto: per conoscere il nostro livello culturale e per vedere verso dove ed in che modo portare avanti la discussione. La dottoressa ci ha detto che il nostro bambino era un caso di DSD (disordine dello sviluppo sessuale), che è come i medici chiamano l’intersessualità , nonostante la facilità e la bellezza di poter dire intersessuale o ermafrodita, per loro [i medici] quelle parole sono un insulto, da quello che ci disse quel giorno.
Ci disse che avevamo dovuto aspettare tante ore perché gli avevano fatto le prove del cariotipo e ne avevano bisogno per dirci di che sesso biologico era. La dottoressa dubitava del fatto che sapessimo che cosa fosse un cariotipo e la cosa ci ha lasciato allucinati.
Ci ha poi comunicato che [il nostro bambino] aveva una atipicità genitale, arrivando a chiederci se non ci eravamo accorti che non aveva dei genitali ‘normali’. Ma che cos’è normale?
Nonostante questo la dottoressa ha continuato dicendoci che non era un gran problema, perché si fanno prove ormonali per vedere come risponde il corpo e in base a questo, a esami analitici e a altre cose che non vogliamo nemmeno ricordare, si operano i genitali e dell’operazione non si accorge nessuno. Insieme a queste dichiarazioni e al consiglio di non cercare alcuna informazione su internet, ci hanno mandati a casa fino al giorno successivo.
Allucinante il modo in cui si può essere così poco umani o così ignoranti, dire certe sciocchezze e nonostante tutto rimanere così tranquille/i.
Qui è quando tutte le mie aspettative, da mamma mammifera quale sono con un bebè lattante, si vedono bruciate perché dobbiamo informarci bene rispetto a quello che sta succedendo. Perché non posso smettere di piangere e sentirmi colpevole. E devo dirvi che questo shock ci è durato circa una settimana, dopodiché ci siamo rimboccati le maniche, e mi sono accorta che piangendo non potevo dare al nostro bambino quello di cui aveva bisogno, dovevo essere al cento per cento perché nell’allattamento e nei primi mesi di vita non ci fossero traumi. Da quel momento niente né nessuno ci ha fermati e soprattutto proteggeremo la nostra creatura dalla medicina o, meglio, da chi dice di praticarla.
Abbiamo iniziato a cercare in rete e a trovare uscite. Persone operate che non erano contente, persone non operate e molto contente con il loro corpo intersessuale e molte altre cose. Con tutta l’informazione nelle nostre mani, abbiamo trovato le armi necessarie per poter aiutare il nostro bambino e poter proteggerlo.
Purtroppo non finisce qui la cosa, questa è stata solo la prima visita medica di una serie di molte altre da dove non siamo mai usciti con il sorriso sulle labbra.
La pratica medica nei confronti delle persone con tratti intersex e dei loro genitori suscita sdegno, anche se ‘loro’ dicono che sono sensibili al tema. Se qualcuno di questi medici pensa che può normalizzare il nostro piccolo, che aspetti seduto perché si stancherà molto nell’attesa.
Nessuno toccherà i suoi genitali senza il suo consenso.
*Revisioni di Michela Balocchi
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Roberta Granelli
Ha ottenuto una laurea magistrale in Women’s and Gender Studies (GEMMA) all’Università di Bologna e di Granada (Spagna) con una tesi sulla penalizzazione dell’aborto in Nicaragua. E’ stata volontaria presso la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna ed ha collaborato con l’Associazione Bergamo Contro l’Omofobia nel Progetto Scuola. Attualmente vive in Messico D.F. dove collabora per un progetto relazionato alla tematica della sessualità con il team dell’Associazione Civile “Centro de Arte y Cultura – Circo Volador”.
Mi bebé intersexual
Grazie!!!