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Il gioco più maschio del mondo

di Federico Greco in calcioromantico 5 Aprile 2013

Football_against_HomophobiaIl tutto è tornato a galla con la solita insipienza che caratterizza i giornalisti, non solo sportivi, nel corso degli Europei del 2012. Ad Antonio Cassano qualcuno chiede di commentare le dichiarazioni di Alessandro Cecchi Paone sulla presenza tra gli azzurri di due omosessuali e di altrettanti metrosexual, ovvero di uomini etero che curano tantissimo il proprio aspetto.  Il figlio di Bari vecchia si adatta perfettamente alla parte del rozzo calciatore ignorante e con accento dialettale dice: “Che? Ifrouci? Sono problemi loro. Spero davvero che in nazionale non ce ne siano.”

Neanche un mese dopo in un’altra conferenza stampa un giornalista chiede a Francesco Totti di dire la sua su uno spiacevole episodio a carattere omofobo che ha visto protagonista Zarate. Il capitano della Roma non è Cassano, ma un po’ di problemi con l’italiano ce li ha anche lui e così l’esordio ”Io rispetto l’omofobia” fa il giro delle TV molto più del concetto che Totti vuole esprimere e che è puntualizzato dal resto del discorso riferito all’omosessualità: “rispetto la gente che vuole fare quella cosa, sono esseri umani e vanno rispettati”.

Del resto in Italia il dibattito sull’orientamento sessuale dei calciatori è buono solo per chiacchiere da bar e va trattato con intento derisorio

anche perché il vero calciatore è virile, macho, non deve chiedere mai e se appare stanco è perché la modella o la velina di turno lo ha spompato. E in questo desolante panorama paradossalmente fa specie che l’allenatore della nazionale, Cesare Prandelli, abbia non solo auspicato il coming out di atleti e calciatori, ma abbia anche riconosciuto nell’omofobia  la stessa matrice discriminatoria del razzismo, fenomeno che connesso al calcio ha più credito a livello mediatico perché già da anni assurto allo status di “questione da affrontare”.[1]
Se guardiamo oltre confine l’Inghilterra sembra navigare nelle stesse cattive acque. Le recenti dichiarazioni di Robbie Rogers, ex terzino del Leeds United, sull’impossibilità di conciliare omosessualità e carriera calcistica hanno, infatti, riportato alla mente la triste vicenda di Justin Fashanu, primo calciatore nella storia a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità nel 1990, morto poi suicida nel 1998 dopo che il mondo sportivo e non solo lo aveva isolato. Eppure oltre manica la Football Assiociation insieme ad alcune grandi squadre  e ad altre meno conosciute[2] supporta da circa un anno la campagna Football vs Homophobia, che propone una lettura più avanzata del concetto di omofobia e si pone come obiettivo la rimozione di tutte le discriminazioni e i pregiudizi basati sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale. Quindi un calcio che dai campetti di periferia ai grandi stadi sia inclusivo per tutti e tutte, “wheter we are lesbian, gay, bisexual, trans or heterosexual”.

Birgit PrinzCiò che, infatti, realmente serve non è  la pubblica denigrazione da parte del mondo del calcio dell’omofobia, né il riconoscimento della bifobia o della transfobia. Non serve neanche garantire le pari opportunità o la pari visibilità a squadre come quella dei Pochos, la prima compagine napoletana formata interamente da gay. Avversari in campo e pubblico sugli spalti inveirebbero comunque contro le scelte sessuali di chi si è esposto, come oggi si inveisce contro i giocatori di colore anche se nessuno è ufficialmente razzista. Il nodo vero da sciogliere è nell’identità di genere che da sempre chi guarda, mangia e pratica calcio è abituato ad affibbiare a sé e alle altre persone che guardano, mangiano e praticano calcio.

In quest’ottica varrebbero forse più di tante parole episodi come quello accaduto nel luglio 1911 in un derby giocato ad Asunción (Paraguay) tra Nacional e Olimpia, in cui il Nacional schierò una donna tra i suoi undici.[3] E servirebbero più personaggi come Luciano Gaucci che nel luglio 1999 affidò alla Morace la Viterbese, allora in C1, e nel 2003 condusse una lotta contro la UEFA per poter tesserare nel Perugia Birgit Prinz, fortissima giocatrice tedesca.

 

[1] Per la conferenza stampa di Totti cfr. qui, per le duchiarazioni di Prandelli cfr. qui

[2] Supportano la campagna 2013 una trentina di club di Premier League o Football League (tra cui Arsenal, Aston Villa, Liverpool, Manchester City, Norwich City, Sunderland, West Ham United, West Bromich Albion, Blackburn Rovers) e 14 club semi-pro o non professionistici, tra cui il FC United of Manchester
[3] L’identità della giocatrice non è nota. Per maggiori informazioni cfr, Clasicos, Vincenzo Paliotto, pag. 98, e qui.

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