The Danish Girl. Note a margine di un corso di formazione
The Danish Girl. Note a margine di un corso di formazione
dal blog di Lidia Borghi (10 maggio 2016)
Un corso d’aggiornamento giornalistico, La stanza del cinema, organizzato da 16 anni dal Gruppo Ligure Critici SNCCI: Giorgio Rinaldi e Maria Francesca Genovese analizzano ogni settimana diversi film campioni d’incassi. Quando è la volta di The Danish Girl, interpretato da Eddie Redmayne, la cui sceneggiatura si basa sulla storia vera del pittore paesaggista Einar Wegener narrata dallo scrittore David Ebershoff nel romanzo omonimo, l’analisi piĂą volte cita il presunto lato transgender dell’artista di Copenhagen il quale, a detta del relatore, avrebbe dato vita ad un suoalter ego (sic) nei cui panni si sentiva piĂą a suo agio.
Due le opposizioni, esposte in sala da me durante il dibattito, la prima in merito alle persone transessuali: affermare che esse creino nella loro mente un/una sostituto/a è falso e denota la poca o nulla informazione del critico su come il/la trans viva il suo status; la seconda a proposito del fatto che, malgrado Einar Wegener abbia lasciato una biografia, Man into Woman ed un carteggio, nel quale sono descritti con dovizia di particolari i diversi passaggi chirurgici avvenuti nella Germania degli anni ’30 per diventare Lili Elbe, nĂ© Ebershoff, nĂ© la sceneggiatrice Lucinda Coxon, nĂ© il regista Tom Hooper, si sono presi la briga di consultare dei documenti storici che attestano, non l’essenza transgender di Einar/Lili, bensì la sua intersessualitĂ (“[Il professor Werner Kreutz di Dresda] Mi ha esaminato a lungo e poi ha dichiarato che il mio caso è così raro che solo un altro simile è noto fino ad ora. […] Adesso si teme che questo trattamento […] possa aver distrutto i miei organi di sesso maschile e femminile.”) (NdR. trad. di Lidia Borghi).
L’obiezione di Massimo Marchelli, lui stesso tra i fondatori del Gruppo Ligure Critici SNCCI, mi ha lasciata allibita, poichĂ© ha coinvolto sia il lato tecnico del cinema in quanto arte (“il cinema deve semplificare: non ci possiamo aspettare che certi particolari possano trovar posto nelle sceneggiature”), sia l’umanitĂ di tante persone sparse per il mondo che hanno stampato addosso il marchio dei mostri a causa della loro condizione.
Stiamo parlando di una minoranza di individui (con una stima approssimativa si pensa che in Italia i soggetti intersex siano all’incirca l’1,7% della popolazione), oppressi fin dalla nascita a causa degli interventi chirurgici forzati cui vengono sottoposti, senza possibilitĂ di scelta, affinchĂ© venga loro attribuito un genere anzichĂ© l’altro.
Il cinema ha lo scopo di intrattenere mentre trasmette dei messaggi; non esiste semplificazione che tenga, quando l’occhio del/la regista offre al nostro sguardo le sue narrazioni in movimento. Alcune toccano il cuore, altre arricchiscono la nostra interioritĂ .Â
Il fatto che il romanziere David Ebershoff si sia ispirato alla vicenda umana di Lili Elbe omettendone la parte piĂą essenziale, è quantomeno strano; i casi sono due: lo scrittore non ha consultato le fonti storiche in modo appropriato o, quel che è peggio, ha scelto di non parlare dell’intersessualitĂ della protagonista. Qualsiasi ipotesi si voglia prender per buona, questa eliminazione è grave ed offende le persone intersessuali e persino le transessuali, che si son viste chiamate in causa per un particolare – e che particolare – che nulla c’entra con la loro identitĂ personale.
L’ultimo dei quattro interventi chirurgici cui Lili si sottopose nella clinica tedesca di Kurt Warnekros le costò la vita a quarantasette anni, alla vigilia delle nozze con Claude Lejeune. Difficile restare insensibili di fronte ad una vicenda tanto ricca quanto manipolata, quasi a volerne fare un mero strumento di fatturato. Quasi?
Fonti
Lidia Borghi, genovese, 51 anni. Laureata in storia, indirizzo medievale, è giornalista pubblicista, scrittrice, saggista e poeta. Scrive per diverse realtĂ culturali, italiane e non, sia sul web che su carta stampata, tra cui Tempi di fraternitĂ , Controverso Sud, Contemporary Literary Horizon, e Tracce. Ha scritto articoli per Adista ed un saggio per il semestrale di psicoanalisi Varchi. Nel 2013 ha pubblicato il breve trattato Il fantasma della tribade nell’Europa del Novecento. Analogie con il tempo presente, in Maria Laura Annibali, L’altra altra metĂ del cielo… Continua, Edizioni Libreria Croce, Roma. Nel 2015, con la casa editrice Green Books di Roma, ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie dal titolo Soul Season Haikus, di cui è appena uscita la revisione, aggiornata ed arricchita con nuovi componimenti.